CRISI FINANZIARIA O CRISI DI VALORI?

0
1470

La crisi finanziaria abbattutasi in questi ultimi anni sull’intera economia mondiale ha compromesso in modo deciso lo sviluppo sociale e civile delle nuove generazioni, alle quali, per la prima volta, è stato prospettato un tenore di vita meno garantito di quello dei propri padri.
Quali sono le cause? Quanto durerà? E soprattutto, esiste un modo per superare tale crisi?
La mancanza di un consenso unanime e l’inesistenza di un modello statistico che ne indichi le cause e gli effetti ci fa capire quanto sia complicata la disamina e la cronistoria di una delle peggiori crisi del sistema finanziario, seconda solo alla Grande Depressione del 1929. Gli elevati prezzi delle materie prime (petrolio su tutte), un’elevata inflazione globale, la minaccia di una recessione e una crisi creditizia con annesso crollo di fiducia dei mercati borsistici sono solo alcuni dei principali fattori.
In Italia, la crisi economica è riconducibile principalmente: alla mancata crescita dell’economia, alla scarsa credibilità dei governanti, i quali hanno affrontato il problema in modo tardivo e incerto, e soprattutto al debito pubblico, che ha raggiunto i 1.900 miliardi di euro, circa il 120% del PIL (indicatore della ricchezza prodotta dal nostro Paese in un anno).
Le strade da percorrere sono essenzialmente due: imposizione fiscale e taglio della spesa pubblica.
Rinviati i tanto auspicati tagli ai costi della politica (abolizione delle province, riduzione dei privilegi dei parlamentari e dei politici in generale), il Governo si è scagliato soprattutto sugli enti locali, la sanità e i ministeri.
Con le tre manovre attuate tra giugno e settembre, infatti, sono stati aumentati i tributi (insieme delle imposte e delle tasse): tickets sanitari, tasse sui giochi, IVA, benzina, eliminazione agevolazioni fiscali. Il risultato è un prelievo record del 44,5% dei redditi degli italiani, un dato che secondo le recenti previsioni Istat raggiungerà il 48% nei prossimi anni.
“Una Nazione che si tassa nella speranza di diventare prospera è come un uomo in piedi in un secchio che cerca di sollevarsi tirando il manico” affermava W. Churchill, pertanto, il rilancio dell’economia non può essere attuato mediante la sola imposizione, bensì attraverso una politica ad ampio raggio, che eviti di trarre denaro sempre dalle stesse persone, le quali oltre a percepire uno stipendio basso devono sborsare per lo Stato sempre più soldi, quando allo stesso tempo ci sono manager, politici, deputati e senatori che ricevono gli stipendi più alti d’Europa. Per cominciare, si potrebbe sfruttare in modo vantaggioso i beni posseduti ed ereditati dallo Stato dalla tradizione romana, rinascimentale e risorgimentale, affidando la gestione di edifici e monumenti ad imprese private in modo che queste, grazie all’imposizione di prezzi fissi mediante biglietti, possano guadagnare molto e versare una parte degli incassi nelle casse dello Stato.
Si potrebbe, inoltre, operare la riduzione delle tasse sul lavoro (quelle che colpiscono imprese e lavoratori) in modo da creare presupposti per l’assunzione di nuovo personale, ripristinare la concorrenza e la lotta ai cartelli (evitando che società dello stesso settore si accordino sui prezzi da praticare), combattere l’evasione fiscale, ma soprattutto incentivare la ricerca e l’istruzione, in quanto creano innovazione e ricchezza, basti pensare alle diverse tecnologie che in questi anni hanno fatto da traino per l’economia globale: web, nanomateriali, cellulari, ecc.
Ma se le soluzioni sono molteplici e facilmente attuabili, come mai non si riesce a frenare la crisi?
La crisi economica è strettamente collegata a quella morale e sociale (totale assenza di valori e mancanza di senso civico) e risolvere una equivale a risolvere anche l’altra. L’educazione, l’istruzione, il rispetto, la ricerca, porteranno le nuove generazioni a diventare uomini onesti e grandi lavoratori; è questa, forse, la vera politica da attuare in modo immediato da parte dei nostri governanti, magari iniziando proprio da loro stessi.

 

Paolo Vicidomini