Dovere di in-formazione.

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Stamane, 4 febbraio 2014, una notizia dalla radio nazionale, mi ha colpito non poco, spingendomi a fare delle riflessioni, che non avevo mai formulato prima di allora. La notizia, che altro non era che la lettura di un sms da parte dello speaker che conduceva un programma di filo diretto con gli ascoltatori, indicava negli italiani, intesi come popolo appartenente ad una nazione libera e democratica, delle specificità appartenenti a noi, e a noi solo, che ci differenziano non poco dagli altri popoli europei. In sintesi un ascoltatore aveva scritto un sms che recitava più o meno così: “Anche se non fossimo entrati nell’Euro, anche se non avessimo direttive proveniente da Bruxelles a cui adeguarci, anche se avessimo un sistema elettorale degno della più efficiente democrazia del mondo, anche se avessimo risorse come petrolio, uranio, silicio e diamanti, le nostre condizioni sociali, economiche, politiche e finanziarie non cambierebbero di una virgola rispetto alla situazione attuale per un motivo molto semplice: il sistema Italia, nel senso istituzionale del termine, non è all’altezza di affrontare le sfide del xxI secolo.”. Sono rimasto veramente colpito da tale affermazione poiché non avevo mai pensato in questi termini di “anche se” ma, fino ad oggi, mi ero limitato a decifrare le attuali difficoltà della nostra povera Italia, e in un orizzonte più limitato, alla nostra Montecorvino, in termini di scarsità di risorse: industriali, naturali e quanto altro si debba ritenere necessario per produrre, in una nazione, così come in un comune, benessere sociale su larga scala. Insomma pensavo che la povertà di ricchezze materiali, nel senso proprio del termine, fosse la causa diretta del nostro spaventoso debito pubblico e del preoccupante tasso a due cifre di disoccupazione. Ragionavo in termini di meno e di più. La teoria dell”anche se”, invece, apre un abisso proprio davanti ai nostri piedi, così vicino per cui le probabilità di scampare al pericolo di caderci dentro sono paragonabili a quelle che escano contemporaneamente tre 6 alla prossima estrazione del superenalotto. L’assunto riportato fin qui descrive e delinea pienamente il profilo (italiano) tipicamente e specificamente riguardo alla nostra natura e al nostro “modo-stile” di essere al mondo, che è poi la ragione che ci differenzia dai nostri compaesani europei e rende atto, alla fine, dell’inadeguatezza avverso le sfide che i “tempi moderni” ci pongono. Il flusso storico che ci ha portati ad industrializzare una nazione contadina ha permesso il realizzarsi di benefici che noi tutti conosciamo. Il rovescio della medaglia, però, ci mostra l’impermanenza di tutte le cose (il sistema capitalistico, produttore una volta di benessere, è in coma irreversibile) e il bisogno impellente di produrre nuovi sistemi di vita. Economisti e scienziati ritengono che la tecnologia ci aiuterà a risolvere qualsiasi problema e difficoltà, e quindi, secondo loro, la strada da percorrere è quella della ricerca e dell’innovazione, come dire: se vedi un uomo che sta cadendo fagli uno sgambetto. Pensatori e filosofi, invece, sono di tuttaltro avviso. Per loro la sfida non è una questione di strumenti o di risorse ma, la partita, si giocherà e si vincerà in un campo di battaglia molto particolare, probabilmente il più insidioso con cui l’uomo si possa confrontare. Questo campo si chiama mente umana. Se riusciamo a riconsiderare con coraggio e con sincerità i processi storici che ci hanno condotto fin qui, esaltando e mettendo in primo piano i fenomeni psicologici che agitano i flussi del nostro pensiero e determinano il nostro “pensare”, arriveremo inevitabilmente a considerarci gli unici responsabili, come individui, del nostro presente. Soprattutto dovremmo riconsiderare i nostri limiti, renderci consapevoli dei nostri deficit e comprendere che, come natura mostra e insegna, la via del miglioramento non è percorribile in solitudine e non esiste “La Bibbia” della vita. Per crescere e per migliorare il nostro mondo ci vuole un atto di amore per se stessi e un atto di umiltà verso l’altro: chiedere aiuto.