IL CERCHIO DEL POZZO – intervista integrale

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Ringraziamo “il cerchio del pozzo” per essere qui con noi. Allora, vogliamo ricostruire la vostra storia? Come è nato il vostro progetto musicale? Ricordo che la vostra prima esibizione pubblica c’è stata l’anno scorso, ad agosto per la precisione, in occasione dell’evento “borgo antico”…

(D.I.) Questo progetto nasce quasi un po’ per errore. L’ipotesi iniziale era quella di suonare musica medievale e celtica per quell’occasione, quando poi improvvisamente ci siamo chiesti perché invece non suonare qualcosa di De André, come “via del campo”, vale a dire canzoni con sonorità che si avvicinavano alle tematiche della manifestazione. La cosa era anche una sfida perché a Montecorvino non si era mai sentito; io avevo anche un po’ paura per quanto riguarda il riscontro del pubblico. Ricordo che al debutto lanciai questa sfida dicendo “il cerchio del pozzo tenta di riportare un po’ di cultura a Montecorvino… quella che per tanti anni si era manifestata principalmente con i Mozartini o con MusicAttiva”. Il “cerchio del pozzo” debutta così in formazione acustica, senza batteria, solo con chitarre, basso, violino, voce e cori. Da lì, a distanza di una settimana, abbiamo contattato il batterista, Angelo Guida, ed è nato il progetto “cerchio del pozzo” in formazione completa, con un totale di 11 componenti.

Parliamo un po’ delle canzoni. De André rappresenta un registro stilistico e tonale estremamente variegato: c’è un critico con il quale scegliete le canzoni che inserite in scaletta?

(D.I.) Inizialmente, il nostro era un criterio prettamente musicale perché puntavamo a imitare le cover del tour della PFM, proprio perché rappresentava una produzione ricca e variegata. Successivamente, per non cadere nella banalità proponendo solo le canzoni più famose, abbiamo pensato di prendere brani meno conosciuti ma forse con un significato più profondo, perché la nostra idea non è solo quella di suonare De André, ma seguire anche un modo preciso di pensare i brani. Non nascondo che mentre si suonano determinate canzoni si avverte il loro essere ricchi di significato, avendo avuto anche un certo calore nella storia del Faber. La sorpresa è stata infatti suonare “creuza de ma” e lasciare il pubblico di stucco, perché a parte il dialetto genovese, ha anche delle sonorità particolari. Abbiamo avuto un bel riscontro dal pubblico, infatti siamo seguiti nelle nostre varie esibizioni dal vivo; è un seguito che – a dire il vero – non avrei mai immaginato.

De André è un classico “mostro sacro” della canzone, fare una sua cover è sempre difficile. Come fate voi a prendere una sua canzone, assorbirla, farla propria e infine comunicarla?

(D.I.) Io penso che l’impresa di imitazione sia abbastanza ardua perché fin quando si cerca di imitare non potrà mai arrivare ai suoi livelli. Una cosa che mi ha sempre colpito molto è che De André oltre a fare una ricerca di contenuti dedicava molta attenzione alla voce, infatti aveva un timbro sorprendente. Ma non solo; nelle sue canzoni ogni parola andava – come ricorda lo stesso Mauro Pagani – precisamente al posto giusto ed era corretta sia da un punto di vista metrico che musicale, riuscendo così a interpretare al meglio questi brani. Il nostro intento è appunto quello di non imitare ma di dare una personale interpretazione. Da qualche mese poi abbiamo una nuova voce che sostituisce la mia, non avendo un timbro sufficientemente grave: è quella di Gioacchino; con lui stiamo facendo un bel lavoro che tuttavia non avrà mai fine, perché io credo che De André sia arrivato a un livello fin troppo alto.

Passiamo la parola alla “voce”, vale a dire la new entry Gioacchino Carpinelli che proprio di recente ha avuto il suo debutto. Vorrei sapere, secondo le tue impressioni, che effetto fa stare davanti a un microfono e pensare “adesso devo calarmi in una canzone di De André”, una prova non da poco…

(G.C.) Infatti, al mio debutto due sabati fa, alla prima canzone ho pensato fra me e me “che cavolo sto facendo?”. Avevo in mente l’intervista fatta a Fiorello un po’ di tempo fa in cui gli veniva chiesto perché in tutta la sua carriera non ha mai cantato De André, e lui ha risposto che nonostante fosse in grado di imitare tutti, fa eccezione con De André proprio per una questione mentale. Io sono stato onorato dal loro invito, perché è un gruppo che ha iniziato a lavorare già da un po’ di tempo, hanno volontà di portarlo avanti, e se non fosse stato per il loro volermi rendere partecipe oggi di sicuro non sarei qui, sia per il mio personale carattere, sia per una sorta di timore reverenziale nei confronti di De André. Però la cosa bella è sentirci da un punto di vista musicale una piccola grande famiglia; mi hanno dato molta forza e coraggio nell’affrontare questa situazione, senza di loro non starei qui. E’ emozionante: più di questo non si riesce a dire. E’ una cosa talmente particolare, talmente personale… io avrò sicuramente un mio modo di interpretare le canzoni che non si avvicinerà neanche lontanamente a De André, però la volontà è cercare di fare qualcosa quantomeno per omaggiarlo adeguatamente. Un qualcosa che passi attraverso noi, per far giungere alla gente quel messaggio che intendiamo comunicare… quel doveroso “grazie” a De André che ci ha lasciato questa storia musicale, questo pilastro del cantautorato italiano.

E dalla voce passiamo alla musica, o meglio agli strumenti, poiché tanto di De André è dato da questi. Quindi, facciamo una panoramica dei membri del gruppo…

Salvatore al basso

Leonardo alla chitarra acustica

Maristella, seconda voce e cori

Domenico, violino e tastiere (nonché voce principale prima dell’attuale voce Giacchino)

Angelo alla batteria

Gioacchino alla voce

Davide alla chitarra acustica e chitarra elettrica

Fabio alle percussioni

(D.I.) Mancano all’appello per impegni vari Federico Avella al sax soprano, Rocco Bruzzese ad altre percussioni, Alberto Bufano alla fisarmonica e in ultimo abbiamo avuto la partecipazione di Gabriella Fasulo alla tromba nella “canzone dell’amor perduto”  

Voglio ora invitarvi a ragionare su alcuni versi di De André che io considero particolarmente importanti, e cioè quelli tratti dalla canzone “la domenica della salme”: “la domenica delle salme /fu una domenica come tante / il giorno dopo c’erano i segni / di una pace terrificante”. A mio avviso questa “pace terrificante”, questo clima di stagnazione culturale lo stiamo vivendo un po’ adesso; voi che appartenete comunque a una generazione nuova, come vivete questo clima di calma apparente?

(D.I.) Capita di sentire, più che altro, il “coro di vibrante protesta”, vale a dire il frinire dei grilli che chiude la canzone in questione. Tante voci che gridano, ma alla fine restiamo fermi. Sono convinto che con la cultura si può vincere su tutto; per me è la prima cosa. E la nostra sfida è proprio questa: voler portare le parole di De André in giro. Con la cultura si può davvero arrivare in alto. Si dice “panem et circenses”, ma fino a un certo punto . Anche in un paese come Montecorvino, io vedo tanti ragazzi ricchi di cultura, con voglia di fare, ma purtroppo non ricevono risposte dagli enti; così come vedo una situazione di stallo, dall’altra parte vedo tanti giovani che vogliono portare avanti una protesta culturale, vogliono far respirare aria nuova. A Montecorvino come in Italia c’è tanta cultura, ma è chiusa nelle stanze, ferma dietro le scrivanie, forse complice anche del fatto che le proteste non si trasformano in atti.

(G. C.) Qui a Montecorvino fioccano manifestazioni e associazioni come nulla fosse, ma con il rischio che molte vanno a finire e altre ad andare avanti. Tuttavia penso a cose come il “bunker”, questa sala prova che fino a due anni poteva essere una cosa inimmaginabile. Penso inoltre a “MusicAttiva”, cosi come ai “Mozartini”: tutte queste associazioni avevano creato a Montecorvino un centro musicale non indifferente, le persone venivano da fuori per ascoltare e partecipare, addirittura da Russia, Finlandia… ma assolutamente zero sostegno. Purtroppo non si avverte un aiuto, sia economico che morale, in questi progetti. Montecorvino si è sempre basata su questo e temo dovrà farlo ancora per un po’, vale a dire dovrà contare sulle singole persone che portano avanti un’idea, armate di coraggio e fantasia per poter dare un qualcosa alla gente.

 

Voi come gruppo avete una vostra scaletta di canzoni scelte per una serie di motivi precisi. Ma personalmente, intesi come singolo, quali sono le canzoni a cui tenete di più e che vorreste cantare sempre e comunque?

(D.I.) Dal mio punto di vista mi farebbe tanto piacere poter interpretare le canzoni de “la buona novella”, soprattutto in questo momento che stiamo vivendo con il nuovo papa Francesco. La sua visione di Gesù Cristo inteso come persona è esattamente quello che ha raccontato De André nell’album. Come lui stesso, da ateo, diceva, Gesù è stato il primo rivoluzionario della storia. Penso alla bellezza di certi messaggi, come ad esempio quello delle “tre madri”, che abbiamo condiviso recentemente sulla nostra pagine facebook proprio per sottolineare la figura di Maria come madre di Gesù Cristo, una donna che perde un figlio. “Non fosti stato figlio di Dio, t’avrei ancora per figlio mio” e a questa sofferenza di Maria, dall’altro lato c’è la sofferenza delle altre due madri, che le dicono “tu piangi, ma già sai che fra tre giorni sarà risorto”. E’ sicuramente la cosa che mi piacerebbe di più suonare, anche se sono forse i brani più complessi, compreso dal punto di vista musicale. Io, da credente, ho scoperto nella “buona novella” di De André tante cose che non avevo ancora colto nel mio credere; e il bello che ho avuto tutto ciò da una persona non credente. Anche ne “il testamento di Tito”, che noi suoniamo nella versione PFM, ci sono tanti messaggi che avrei voluto recepire da persone vicine alla Chiesa, e con “il cerchio del pozzo” mi piacerebbe portare avanti questo messaggio, proprio perché le idee di De André non sono “sconsacranti”, tutt’altro.

(G.C.) Io ho avuto la fortuna di avere in scaletta la canzone che più amo di De André, “la canzone del maggio”, perché se è pur vero che le canzoni di De André sono tutte attuali, forse questa è particolarmente sentita da noi sia come paese che come nazione, in quanto sottolinea ancora di più l’esigenza che abbiamo di puntare il dito contro coloro che fino a ora ci hanno impedito di portare avanti le idee di cui parlavamo prima, di metterci in gioco, di far rifiorire questa cultura. La frase “per quanto voi vi crediate assolti, siete lo stesso coinvolti” è esplicativa proprio di questo pensiero, di questa voglia, di combattere tale sistema che se da un lato ci schiaccia, dall’altro ci può anche dare la forza di combatterlo, contrastarlo.

Un’ultima domanda, abbastanza di rito ma doverosa nei confronti di un gruppo che si sta facendo strada in maniera egregia come voi: quali sono i vostri progetti per il futuro?

(D.I) Innanzitutto ringraziamo il nostro pubblico e tutte le persone che ci sono state vicine. Abbiamo tante belle idee in merito, in particolare c’è quella di realizzare un tour ad agosto – dopo gli esami universitari – e portare il nostro progetto “nella mia ora di libertà”, un insieme di musica, spezzoni video e altro (preferiamo non anticipare tutto) un po’ in giro per l’Italia, anche nei posti dove noi studiamo come Genova, Chieti, Siena, Pisa… ma per fare questo abbiamo bisogno di fare molte altre serate, anche per reperire i fondi… le “palanche”, come direbbe lo stesso De André. Vogliamo portare non solo la sua musica, ma tutto il suo messaggio, come se si volesse risvegliare il pubblico e portarlo da un sonno a uno stato di veglia. Oltre a questo tour, stiamo realizzando un vero e proprio spettacolo teatrale – in questo vogliamo imitare le atmosfere dei concerti di De André al teatro Brancaccio – con intermezzi musicali, videointerviste, coreografie, danze, live painting. L’intento è proprio quello di ricreare le atmosfere dell’ultimo tour di De André, con persone sedute e uno stato di calma ideale per lanciare un profondo messaggio, cose che invece nei locali non è sempre possibile. Il progetto è ambizioso, dato che ci vuole una regia dietro, dei copioni, etc., però con i ragazzi abbiamo lavorato e stiamo lavorando tanto; abbiamo tante idee, buone intenzione e soprattutto tanta passione e voglia di fare.

Danilo D’Acunto