“La calunnia è un venticello…”

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Calunnia

La calunnia è un venticello

un’auretta assai gentile

che insensibile sottile

leggermente dolcemente

incomincia a sussurrar.

Piano piano terra terra

sotto voce sibillando

va scorrendo, va ronzando,

nelle orecchie della gente

s’introduce destramente,

e le teste ed i cervelli

fa stordire e fa gonfiar.

Dalla bocca fuori uscendo

lo schiamazzo va crescendo:

prende forza a poco a poco,

scorre già di loco in loco,

sembra il tuono, la tempesta

che nel sen della foresta,

va fischiando, brontolando,

e ti fa d’orror gelar.

Alla fin trabocca, e scoppia,

si propaga si raddoppia

e produce un’esplosione

come un colpo di cannone,

un tremuoto, un temporale,

un tumulto generale

che fa l’aria rimbombar.

E il meschino calunniato

avvilito, calpestato

sotto il pubblico flagello

per gran sorte va a crepar.

 

E’ senza dubbio una delle arie più famose (Atto I) dell’opera lirica Il Barbiere di Siviglia del 1816 di Gioacchino Rossini (musica) e di Cesare Sterbini (testo e libretto). E’ l’episodio in cui Don Basilio, losco maestro di musica di Rosina (protagonista femminile dell’opera e innamorata del Conte d’Almaviva), suggerisce a Don Bartolo (tutore innamorato della stessa Rosina) di screditare e di calunniare il Conte, infamandolo agli occhi dell’opinione pubblica. Il brano “La calunnia è un venticello…” è assolutamente attuale ed evidenzia molto bene ciò che avviene (si spera solo a volte) nella quotidianità di tutti noi: politica, lavoro, rapporti sociali, etc.

Ho scelto di parlare del male della calunnia (che la maggior parte delle volte è un’accusa falsa e ingiusta, difficilmente sottoposta al vaglio della ragione e del buon senso) chiamando in causa Rossini in quanto il suo famoso crescendo musicale è lo strumento migliore per evidenziare l’evoluzione, il maligno dinamismo della calunnia. Essa nasce come una leggera brezza, un’arietta che sembra quasi un sussurro; diventa poi un ronzio che inesorabilmente e subdolamente penetra nelle orecchie della pubblica opinione e inizia a radicarsi nelle menti delle persone o addirittura di un’intera comunità. Successivamente la calunnia si muta in una sorta di pioggia torrenziale, anzi, in una tempesta con tanto di tuoni e fulmini che crea nell’animo della gente, scombussolandolo, spavento e terrore. L’ultima fase, la più grave, di questo cammino tumultuoso (iniziato quasi con la leggerezza di un gioco, di uno scherzo) si concretizza in un’esplosione, in qualcosa di terribilmente fragoroso e cinicamente moltiplicativo, tanto da portare sia la musica (la fase finale del crescendo) che la parola (testo veloce e ritmico) a servirsi di suoni potenti, forti, rimbombanti che impauriscono addirittura Don Bartolo, immobile ad ascoltare: “colpo di cannone” e giù, col tamburo; “tremuoto”, “temporale”,“tumulto” ed ecco che i violini impazziscono in un ritmo frenetico e inesorabile. Il tutto termina con l’immagine del calunniato isolato, umiliato, deriso e destinato, prima o poi e il più delle volte a morire lentamente di crepacuore per l’ingiustizia ed il male subiti. Davvero illuminante.

Anche in pittura esistono rappresentazioni raffiguranti la calunnia o comunque il contesto in cui essa agisce. Mi viene in mente, ad esempio, il dipinto di Sandro Botticelli Calunnia del 1496 (oggi alla Galleria degli Uffizi di Firenze) che, a sua volta, trae ispirazione da un ulteriore dipinto d’epoca ellenistica (IV sec. a. C.) del famoso pittore Apelle sempre intitolato Calunnia (purtroppo perduto). Per la spiegazione dei due dipinti, mi servirò della dettagliata descrizione fatta da Leon Battista Alberti nel trattato De Pictura (citando a sua volta Luciano di Samosata). Nel dipinto, chiaramente allegorico, campeggia un giovane innocente seminudo (simbolo della purezza), oggetto della calunnia, portato di fronte a Re Mida su un trono sulla destra, raffigurato con orecchie d’asino (allegoria del cattivo giudizio) e circondato da due donne simboleggianti l’Ignoranza e il Sospetto e sussurranti parole ingannevoli. Al centro della scena, un uomo dall’atteggiamento iroso ed aggressivo e vestito con stracci rappresenta l’Odio tiene con il braccio una donna bella ed affascinante, la Calunnia, che, a sua volta, trascina il giovane calunniato per i capelli. La Calunnia è affiancata da due ancelle, l’Invidia e l’Inganno, che la abbelliscono e la ornano con fiori e nastri bianchi, a indicare (false) immagini di purezza ed innocenza. Il gruppetto di persone è poi accompagnato, quasi in disparte, da una vecchia vestita di nero e incappucciata, simbolo del Pentimento. La vecchia è l’unica che osserva la Verità, totalmente nuda e genuina (cioè incorruttibile), ma al tempo stesso, sola ed abbandonata che, come estremo gesto, guarda ed indica il cielo, fonte di vera e finale giustizia.

Vladimiro D’Acunto