PSICOLOGIA DEL MALE: il colpevole d’omicidio

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[box_success]di Grazia Imparato[/box_success]L’omicidio rappresenta una delle espressioni più inquietanti e misteriose della criminologia. E’ soprattutto l’efferatezza dei crimini a suscitare angoscia e interrogativi, sia nell’uomo comune sia negli specialisti forensi. Il colpevole d’omicidio ha spesso la peculiarità di sembrare una persona normale con un’esistenza addirittura banale, piegata dalla morsa della quotidianità. Fino a qualche tempo fa era convinzione comune che le persone capaci di commettere omicidi fossero una caratteristica del mondo Anglosassone, e una conseguenza quasi necessaria della loro cultura. Più recentemente la spettacolarizzazione dei processi giudiziari dei delitti più violenti, (il caso di Melania Rea, Yara Gambirasio, Sara Scazzi, ecc.) e la maggiore attenzione del mondo dell’informazione ai grandi delitti di sangue non risolti, hanno contribuito a diffondere la consapevolezza che anche in Italia avvengono tali reati, i cui colpevoli  spesso rimangono impuniti a causa di procedure  giudiziarie folli e lente. L’analisi di alcuni casi ormai noti nella cultura italiana ha permesso di rispondere ad alcune domande fondamentali per capire il perché un individuo arriva a uccidere. Inizialmente gli scienziati correlavano il comportamento violento ad anomalie organiche tanto da ipotizzare delle relazioni con trauma cranici, con  lesioni del cervello durante lo sviluppo, con un cattivo funzionamento del sistema limbico e con anomalie del cromosoma Y. Uno dei maggiori sostenitori del pensiero scientifico della personalità criminale fu Cesare Lombroso, padre dell’antropologia forense e primo criminologo ad effettuare una perizia psichiatrica sul primo serial killer italiano Vincenzo Verzeni. La sua teoria nacque dalla convinzione di poter categorizzare i comportamenti umani in modo da studiarli come se fossero delle entità oggettive. Nel suo testo più famoso del 1987, “L’uomo Delinquente”, Lombroso tenta di instaurare una relazione di causa-effetto tra le caratteristiche anatomiche e fisiologiche dell’uomo e il comportamento criminale. Piedi palmati, narici piatte, capelli spessi, orecchie grandi erano alcuni degli elementi caratteristici d’individui capaci di uccidere. Le sue opere si basano sul concetto del criminale per nascita: l’origine del comportamento criminale è insita nelle caratteristiche anatomiche del soggetto, persona fisicamente differente dall’uomo normale perché dotata di anomalie e atavismi, che ne determinano il comportamento criminale. Di conseguenza l’unico approccio utile nei confronti del criminale è quello clinico-terapeutico. Oggi le teorie Lombrosiane sono ormai considerate pseudoscientifiche poiché è stato dimostrato che sia l’ambiente, sia i geni influiscono sull’aspetto fisico ma che quest’ultimo non influisce sul comportamento. Le motivazioni che spingono un individuo a commettere reati gravi sono da analizzare nel contesto sociale e nella spiche dell’individuo. In questo momento storico particolare, l’omicidio può essere attuato per futili motivi: per divertimento, motivato da sentimenti ostili, per guadagno economico, per pulizia morale, per “amore”, per controllo del potere e a sfondo sessuale.  Le notizie di cronaca riguardanti gli omicidi e i femminicidi sono ormai all’ordine del giorno ed è per questo che oggi, psicologi e criminologi forensi, si soffermano sullo studio delle diverse personalità criminali, attraverso l’analisi dell’infanzia e dell’adolescenza di tali individui. Inoltre, l’analisi delle possibili cause che spingono un assassino a uccidere è utile per cercare anche di rilevare fattori predittivi (isolamento sociale, abbandono, scarsa comunicazione, abuso infantile) utili ad attuare strategie preventive o, se troppo tardi, terapeutiche per gettare un primo raggio di luce sugli abissi dell’anima di tali individui e per evitare che una volta fuori dal carcere, se rimessi in libertà, tornino a uccidere mogli, figlie o vittime innocenti. La figura dell’assassino inquieta e turba la coscienza della gente comune. Sicuramente oggi non bisogna ritenersi soddisfatti dei risultati conoscitivi raggiunti e ciò deve spingere le diverse figure professionali attive in questo settore a continuare ad approfondire la conoscenza dell’inquietante fenomeno dell’omicidio, ponendo maggiore attenzione all’analisi del “lato oscuro della mente” per la tutela di ogni essere umano e della comunità.