Qualche giorno fa, in un mio abituale giro a Salerno e quindi alla Libreria Feltrinelli, aggirandomi fra le ultime novità ho notato un libro dal titolo particolare: Fondata sulla bellezza, di Emilio Casalini. Sfogliando alcune pagine mi è sembrato molto interessante l’attenzione dell’autore su alcuni punti quali le iniziative, i metodi e la programmazione progettuale (e politica) per tentare di far ripartire l’Italia proprio puntando sullo sconfinato e complicato patrimonio culturale e paesaggistico che stiamo poco alla volta, ma con un certo impegno, distruggendo. Il sottotitolo, infatti, recita “come far rinascere l’Italia a partire dalla sua vera ricchezza”. La Cultura e il paesaggio sono le fonti vivificatrici e primissime qualità del nostro Paese; ne sono l’essenza. Distruggendo, abbandonando, avvelenando queste fonti, uccidiamo noi stessi. L’intero pianeta sembra accorgersi di questa immensa ricchezza, del reddito “patrimoniale” del Belpaese; in molti lo riconoscono e continuano ad ammirarlo ed invidiarlo, tranne noi italiani. Solo in Italia siamo in grado di perpetrare questo triplice omicidio (colposo o doloso che sia, non importa). 1. Umiliamo, calpestiamo, occultiamo il nostro patrimonio culturale (storico-artistico, archeologico, paesaggistico, religioso, letterario); 2. Ignoriamo (o non siamo in grado, che è peggio) che questa immensa risorsa possa produrre ricchezza e benessere a noi tutti; 3. Commettiamo un delitto individuale, ma anche collettivo e – oserei dire – universale nei confronti della memoria e dello spirito.
Il nostro è un patrimonio culturale e naturale che frana continuamente non solo in senso figurato ma anche materialmente: dagli Scavi di Pompei alla Costiera amalfitana; da Refrontolo e il tremendo nubifragio in Veneto alla Calabria con i suoi continui dissesti idrogeologici. Insomma, frane, erosioni, allagamenti, alluvioni: l’Italia è un Paese martoriato e violato da ormai mezzo secolo a partire dal secondo dopoguerra. Quasi il 10% della superfice dello Stivale è caratterizzato da un’elevata criticità idrogeologica. Le regioni hanno stimato un fabbisogno di 40 miliardi di euro per la messa in sicurezza del territorio, cui però il governo nell’ultima Legge di Stabilità ha destinato appena 180 milioni per i prossimi tre anni. Ad aggravare ulteriormente il quadro è il consumo del suolo, in continuo aumento. Ogni 5 mesi viene cementificata, secondo Legambiente, una superficie pari all’area di Napoli, un dato che mette in luce le responsabilità dell’uomo per queste catastrofi, che solo negli ultimi cinquant’anni hanno causato la morte di quattromila persone.
Non mi soffermerò sugli infiniti esempi che quotidianamente ci coprono di ridicolo e di vergogna agli occhi di molti, basta soltanto dire che in Italia di arte si può addirittura morire come nel caso del ragazzo ucciso a causa di un cornicione staccatosi all’altezza della Galleria Umberto I a Napoli. Ebbene sì, da noi l’arte può uccidere. È il capovolgimento del senso logico della realtà, il paradosso ironico e tragico messo in atto in quello che continua comunque ad essere il Paese dell’Arte e della Cultura, esattamente come diceva Göethe. D’altronde basta andare sul sito www.unesco.it/cni/ e cliccare sulla schermata “Patrimonio italiano” e “Siti italiani” per rendersi conto che l’Italia con i suoi 50 siti inclusi nella lista dei Patrimoni dell’Umanità è in cima alla lista, seguita dalla Spagna (43) e dalla Germania (39). I siti in tutto il mondo sono 1001, distribuiti tra 161 Paesi, tutelati da una Convenzione per il patrimonio mondiale secondo la quale tali siti hanno un “valore universale”.
In Italia il primo sito fu istituito nel 1979 ed è in cima alla lista che segue:
1. Arte Rupestre della Val Camonica
2. Centro storico di Roma, le proprietà extraterritoriali della Santa Sede nella città e San Paolo fuori le Mura (sito transfrontaliero)
3. La Chiesa e il convento Domenicano di Santa Maria delle Grazie e L’ultima cena di Leonardo da Vinci
4. Centro storico di Firenze
5. Venezia e la sua Laguna
6. Piazza del Duomo a Pisa
7. Centro Storico di San Gimignano
8. I Sassi e il Parco delle Chiese Rupestri di Matera
9. La città di Vicenza e le ville del Palladio in Veneto
10. Centro storico di Siena
11. Centro storico di Napoli
12. Crespi d’Adda
13. Ferrara, città del Rinascimento, e il Delta del Po
14. Castel del Monte
15. Trulli di Alberobello
16. Monumenti paleocristiani di Ravenna
17. Centro storico di Pienza
18. La Reggia di Caserta del XVIII con il Parco, l’acquedotto Vanvitelli e il Complesso di San Leucio
19. Residenze Sabaude
20. L’Orto botanico di Padova
21. Portovenere, Cinque Terre e Isole (Palmaria, Tino e Tinetto)
22. Modena: Cattedrale, Torre Civica e Piazza Grande
23. Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata
24. Costiera Amalfitana
25. Area Archeologica di Agrigento
26. La Villa Romana del Casale di Piazza Armerina
27. Villaggio Nuragico di Barumini
28. Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, con i siti archeologici di Paestum, Velia e la Certosa di Padula
29. Centro Storico di Urbino
30. Zona Archeologica e Basilica Patriarcale di Aquileia
31. Villa Adriana (Tivoli)
32. Isole Eolie
33. Assisi, La Basilica di San Francesco e altri siti Francescani
34. Città di Verona
35. Villa d’Este (Tivoli)
36. Le città tardo barocche della Val di Noto a sud-est della Sicilia
37. Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia
38. Necropoli Etrusche di Cerveteri e Tarquinia
39. Monte San Giorgio (2003)
40. Val d’Orcia
41. Siracusa e le necropoli rupestri di Pantalica
42. Genova, le Strade Nuove e il Sistema dei Palazzi dei Rolli
43. Mantova e Sabbioneta
44. La ferrovia retica nel paesaggio dell’Albula e del Bernina (sito transfrontaliero)
45. Dolomiti
46. I longobardi in Italia. Luoghi di potere
47. Siti palafitticoli preistorici delle alpi
48. Ville medicee
49. Monte Etna
50. Paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato (2014)
Superfluo qualsiasi commento di fronte a quest’immensità. Si tratta di 46 siti culturali e 4 naturali, di cui 5 solo in Campania. In corso di scrittura di quest’articolo ho notato anche un errore abbastanza grave: il sito di Monte San Giorgio, in grassetto e contrassegnato dalla data 2003, è stato addirittura dimenticato e quindi non inserito sul suddetto sito ufficiale italiano (www.unesco.it/cni/). Infatti, ad un’attenta lettura della lista risultano 49 siti e non 50 come, peraltro, è scritto nella stessa pagina web. Ad ulteriore conferma di quanto è stato detto, persino la Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco (e quindi un’Istituzione ufficiale) ignora di avere Monte San Giorgio tra il suo Patrimonio. Per questo intendo omaggiarlo con la foto ivi pubblicata, augurandomi che il CittadinoNews possa fornire un contributo all’inserimento del “Monte perduto” nella lista del sito web, dal momento che è stata inviata una segnalazione a chi di dovere per l’ingiusta omissione.