ALTRI MODI DI ESSERE

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La malattia mentale, cos’è?  Tante definizioni, molte le etichette e i pregiudizi.

Schizofrenia, psicosi delirante, paranoia, disturbo schizofreniforme, ecc.

Parole che alla sola pronuncia generano strane sensazioni a cui si associano idee erronee, causa molto spesso di chiusura, rifiuto e non accettazione di questa forma di “diversità”.

Procediamo per gradi, l’espressione “disturbo mentale” implica la distinzione tra disturbi mentali e disturbi fisici, cioè fra mente e corpo pur tenendo sempre in considerazione il concetto che c’è sempre qualcosa di fisico nei disturbi psichici e viceversa.

Secondo la Psichiatria, infatti, le psicosi sopra citate sono alterazioni della sfera cognitiva, emotiva e comportamentale che possono avere un’origine biologico/genetica o derivare da elevate situazioni di stress di ordine familiare o sociale. Tali alterazioni generano nell’individuo un comportamento disadattivo sufficientemente forte da rendere problematica l’ integrazione socio-lavorativa causando sofferenza personale soggettiva.  Nella mente del soggetto psicotico si sviluppa e si struttura sempre più un mondo magico, tragico, fantastico, pauroso fatto di credenze, voci, immagini prodotte dalla mente che si sostituiscono alla realtà.  Eppure nello psicotico, nonostante deliri e allucinazioni, persistono le cosiddette “parti sane” che possono essere potenziate, sviluppate e indirizzate proficuamente. Appare fondamentale quindi, per i processi di riabilitazione e inserimento, cercare di capire cosa avviene all’interno della persona e quali sono i suoi bisogni specifici che sono spesso mutevoli, legati alle circostanze e purtroppo difficilmente identificabili.  Si tratta di aver bisogno di tutto e all’opposto di non aver bisogno di niente, dell’incapacità di tollerare qualsiasi forma di dipendenza ma di essere a volte in totale balia degli altri, del bisogno di essere normali e del bisogno di delirare.  Ma c’è un bisogno che è al di sopra di tutti gli altri. Lo psicotico chiede che la sua sofferenza non sia sottovalutata né minimizzata, se ciò accade non si sente creduto e riconosciuto nel suo sforzo di chiedere aiuto. Ciò di cui la persona psicotica ha bisogno è la comprensione del suo mondo ma questo spesso non avviene. Il passo immediatamente successivo ad una diagnosi di psicosi e l’istituzionalizzazione. Non si ha più solo un’etichetta ma anche una cartella clinica sui cui scrivere l’infinita di farmaci somministrati per “contenere” il paziente e riportalo alla normalità. Ma poi, la normalità qual è?

Altro aspetto è lo stigma sociale, la paura, l’evitamento della persona con problemi psichici forse connessa a scarsa conoscenza della malattia mentale. Vi sono varie forme di psicosi, dalle più lievi alle più gravi, ma lo psicotico non è una persona pericolosa da cui difendersi, le sue reazioni sono spesso collegate alle azioni degli altri.  Se aiutato, curato e accolto la persona psicotica non è pericolosa, se rifiutata, negata, ignorata può ribellarsi, proprio come chi psicotico non è.

La mia professione mi permette di entrare in contatto ogni giorni con persone schizofreniche o con altre forme di psicosi, è un contatto che destabilizza, travolge ma permette anche di riflettere. Lo psicotico non ha resistenze, accetta l’altro così com’è, non ha spazi, richiede contatto, non ha limiti, non filtra le idee, esprime con la naturalezza più assoluta le sue idee e le sue emozioni. Lo psicotico non ha bisogno di costruirsi, di mostrarsi, si accetta. Chiede di essere accettato e aiutato a mantenere l’ordine in tutte le sue contraddizioni. Quanto di questo fa l’uomo senza patologia? Una domanda sicuramente difficile da comprendere ma necessaria per permettere riflessioni utili a sviluppare nuove idee e nuovi modi di pensare alla malattia mentale per poter accettare tale diversità e comprendere che si può apprendere anche da chi è “diverso” da sé.