Castel Nebulano

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1869

Nella zona orientale di Salerno, si denota ancora oggi una lunga linea di fortificazione nata originariamente, presumibilmente in periodo longobardo (VI sec. D.C.), a protezione della pianura che dalla fascia costiera si estende sino alla zona collinare interna a ridosso dei monti Picentini.La naturale conformazione della zona montana e collinare, ha favorito, in epoche diverse, ma ravvicinate, la opportuna edificazione di castelli finalizzati allo sfruttamento dei luoghi più favorevoli per la collocazione e costruzione. Da “ Fuorni”, ove si ammirano le mura dirute del castello di Monte Vetrano, castel Vernieri e la torre dei Rossi sino al Castello di Terravecchia, seguendo il percorso del fiume Picentino, si arriva ad osservare il Castello Nebulano, ovvero quello che rimane delle sue mura, posto al di sopra dell’abitato di Montecorvino Rovella. La suddetta linea di fortificazione prosegue con il Castello di Olevano, la Castelluccia di Battipaglia Eboli, sino a raggiungere Oliveto Citra. Questa fascia di fortificazione fu rinforzata e trarrebbe origine dal Castello Arechi di Salerno sin dall’XI secolo, distrutta e ricostruita in epoca normanna, riproposta in epoca angioina sino in periodo aragonese alle soglie del XVI secolo, quando con Vicereame spagnolo molte di queste citate fortificazioni furono abbandonate e preda di saccheggi, crolli e sterpaglie. Il Castello di Montecorvino era definito come “ castrum nubilarum o nubolarum” come si rileva dal “ Poliorama Pittoresco” dell’agosto 1836, articolo pag.325/326 di V. Morgigni Novella. Nello stesso articolo vengono azzardate alcune ipotesi sul nome : la prima, perché la sua altezza lo proiettava tra le nuvole; la seconda ( la più affidabile) perché sovrastava la frazione Nuvola. (Ce ne sarebbe anche una terza che riferiamo solo a titolo di cronaca, inventata da qualche anonimo buontempone e derivante dalle tradizioni orali: che ivi venivano condotte le donne nubili rapite). La denominazione latina del Castello farebbe risalire la sua origine ai “ Castella “ che i Romani costruivano sui punti strategici a difesa delle coste e delle popolazioni della pianura. Erano opere di fortificazione costituite da palizzate circondate da un fossato (Vallum) e il nostro Castello dominava la pianura tra Salerno e Paestum, come ci conferma l’Herchemperto. Infatti, nell’850 d.c., dopo che il Castello era stato ricostruito in fabbrica (Fabrite)con i Longobardi, servì da rifugio alle popolazioni di quella pianura dalle incursioni saracene insieme al Castello di Olevano. Nel Chronicon di Falcone Beneventano si rileva l’assedio del Castello Nebulano ad opera di Guglielmo il Normanno, duca di Puglia e Calabria, nel 1122, nella vasta opera di presa di possesso dell’intera Italia Meridionale. Nel 1137, quindici anni dopo, il Re Ruggiero II, padre di Guglielmo, per vendicarsi dei Montecorvinesi che si erano schierati con il Papa Innocenzo II e l’Imperatore Lotario di Occidente, suoi acerrimi nemici, assalì il castello e lo distrusse incendiando le Chiese e l’intera città (in tale occasione fu distrutta anche l’Antica Abazia di S.Simeone sulle cui rovine venne costruita nel 1274 la Chiesa dei SS. Apostoli Pietro e Paolo). Una testimonianza di non poco conto si ebbe nel 1167, quando, con privilegio del Duca Guglielmo e di sua madre la Regina Margherita di Sicilia, il castello Nebulano venne donato all’Arcivescovo Romualdo di Salerno e nell’atto di donazione si riscontra questa dicitura: Quod olim castrum fuit et nunc dirutum est (una volta fu Castello ed ora è distrutto). In pochi anni la città ed il Castello furono riedificati e rafforzati con maggiori difese con la costruzione di torrette di avvistamento, di mura perimetrali intorno alla Bassa Corte e porte di accesso ( oggi una appena visibile dalla parte della località “ Battaglione “ ). Ma la pace cittadina non ebbe vita lunga. Infatti, quasi al termine della dominazione angioina, nel 1392, scoppiata la guerra tra Ludovico d’Angiò e Ladislao di Durazzo, il Castello offrì rifugio ai Sanseverino, di parte Angioina , mentre Ladislao aveva già preso possesso di Giffoni, Eboli ed altri paesi viciniori. In questo fatidico anno, 1392, l’armata di Ladislao di Durazzo, capitanata da Alberico di Barbiano, espugnò di nuovo il Castello e saccheggiò di nuovo Montecorvino. Lentamente, Montecorvino fu ancora una volta ricostruita dopo alcuni anni, quando Alfonso I di Aragona prese pieno possesso del Regno di Napoli. Il 24 giugno 1494 fu una data epocale per Montecorvino Rovella, infatti, Alfonso II di Aragona, come segno di riconoscenza nei confronti dei Montecorvinesi che avevano sostenuto in fatto d’Armi il Re Alfonso I, conferì il titolo nobiliare a 23 famiglie del luogo, 16 erano del “Actu Rubellae” e 7 del “ Actu Puleani e S. Teclae “. Per onor del vero, alcuni di queste famiglie ricevettero il titolo nobiliare“ a titolo oneroso“ previo pagamento di un onere stabilito dalla Gran Corte. All’alba del XVI secolo ebbe inizio una profonda lite tra la Mensa Arcivescovile di Salerno ed il Regio Demanio per il pagamento dei Castellani di Montecorvino e di Olevano. Il territorio montecorvinese, da circa quattrocento anni, era diviso in due tra il possesso della Mensa ed il possesso del Re, ma la questione si risolse in favore di quest’ultimo nella seconda metà del 1400 e da qui il motivo per cui la Chiesa si rifiutava di pagare i Castellani. Il 10 marzo 1559, il Viceré Ferdinando d’Avalos, con atto solenne, esonerò la Mensa Arcivescovile di Salerno dal pagamento sopra riferito e fu l’inizio dell’abbandono del Castello che nel volgere di pochi anni cadde in rovina e fu adibito a ricovero per i greggi di ovini e bovini. L’interesse per il Castello Nebulano ritornò alla fine del 1800, grazie al fantasioso romanzo dello scrittore napoletano Francesco Mastriani, ospite della famiglia Maiorini dall’ottobre 1877 al marzo 1878, il quale ambientò un romanzo “ La Sonnambula di Montecorvino “ in un fantomatico Castello identificato con il nostro Castello Nebulano e creò un personaggio, il Conte Baldassarre di San Pietro, destinati a segnare una tappa fondamentale nella letteratura napoletana e locale, tanto da essere scambiata anche per storia vera.
NUNZIO DI RIENZO