Città sul grande schermo

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Qual è la grandezza del cinema? Un film a volte non si conclude nella sala, ma continua nella nostra immaginazione fino a portarci lì, in quei luoghi di cui ci siamo innamorati anche solo guardandoli dal grande schermo. Le opere di grandi registi ci hanno accompagnato tante volte in magnifiche città talché noi siamo arrivati a percepirne i profumi e gli odori, le abbiamo vissute appieno, e ci è sembrato che le conoscessimo.Per questo, quando ho dovuto immaginare di raccontare una città attraverso il cinema, non ho saputo scegliere e allora ho deciso di dare una breve sintesi di quei film che, a mio parere, hanno saputo farci immergere nello splendore di alcune tra le metropoli più belle.

Così quando penso a New York ho due titoli:

Manhattan, film celebrativo del regista Woody Allen, città che egli ama più di tutte e che è stata per anni la location delle sue opere.Nel film, che è il più autobiografico dei suoi, Allen scruta la Grande Mela e ne interpreta le mille sfaccettature; narra il luogo magico, pauroso e dispersivo ma anche romantico e familiare. Gli splendidi ritratti della città si alternano tra luoghi di incontro culturale, e luoghi più intimi come le panchine deserte di una passeggiata notturna. Attraverso il racconto della città, Allen racconta la sua esistenza e celebra la cultura, l’amore, la vita. Degna di nota la fotografia, un bellissimo bianco e nero curato da Gordon Willis.

New York, I love you, un’opera non ancora distribuita in Italia e parte di un progetto maggiore, Cities of Love. Il film vede la partecipazione di 10 tra i migliori registi del momento, tra cui Shekar Kapur e l’esordiente Natalie Portman, che si cimentano in altrettanti 10 episodi.Ai registi che hanno aderito al progetto sono state avanzate tre richieste : girare la propria parte in sole 24ore,montarla in una settimana e raccontare una storia che sapesse descrivere uno specifico quartiere della città. Così ne è nato un film che su 8 milioni di storie, sceglie di raccontarne 10 che valgono per 8 milioni e che ci riporta la New York quotidiana, lontana da Sex and the city e immersa nel suo meltin’ pot.

Tornando in Europa, la città più colorata e viva della Spagna, Barcellona, ve la racconto in due opere che non potrebbero apparire più diverse e in effetti lo sono.

Tutto su mia madre, di Almodovar, racconta la Barcellona più aperta e liberale, quello in cui una giovane suora e un travestito possono convivere e condividere esperienze che nessuno mai si immaginerebbe. Quello di Almodovar è un mix di tragedia e commedia, pianto e risate, sentimenti e denuncia sociale, fa pensare a quello stesso mix che è Barcellona quando dai colori del Parc Guel si passa alla maestosità più austera della Sagrada Familia.

Poi c’è Biutiful, di Alejandro Gonzàlez Inàrritu, che racconta la Barcellona reale. Un film che ci costringe a osservare il dolore, a sentirlo e condividerlo, attraverso la città che per tutti è invece simbolo dell’allegria. Quella stessa città, le sue strade e vicoli sono un organismo divorato, come il protagonista, da un cancro sociale. E’ una Barcellona mai vista, segreta, corporale, sordida e imponente, ma non di certo ‘biutiful’.

Come non citare infine la Parigi notturna e piena di fascino di Midnight in Paris? Ancora Allen, una nuova città, un nuovo protagonista, sarcastico come sempre ma con uno stile che fa più presa su noi europei,perchè non sempre abbiamo saputo apprezzare il sarcasmo e la prolissità dell’Allen più puro.Forse la migliore tra le opere del suo Grand Tour europeo, mantiene i temi cari al regista, come la continua analisi di sé qui esplicitata nella nostalgia di tempi andati, che rivivono nei boulevards e nei caffè della Parigi notturna, e nell’accettazione del presente; sullo sfondo il solito sorriso amaro di Allen.Così, anche se le abbiamo vissute solo per un breve periodo e niente più, le città, certe città le facciamo nostre. Attraverso questi film che ce le sanno raccontare in tutte le sfumature addirittura le interiorizziamo.

E ripensando a  Manhattan “New York era la sua città, e lo sarebbe sempre stata…”