Corsa agli Oscar – cosa vedremo nella prossima edizione degli Academy Awards

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Ci siamo! Ogni febbraio la “stagione dei premi” si chiude con gli Academy Awards, meglio noti come Premi Oscar e quest’anno non sarà diverso. La rosa dei finalisti è, come di consueto, non molto copiosa: otto le pellicole candidate al premio più ambito, quello per il “miglior film”, per quanto almeno altri sette cercheranno di strappare qualche statuetta. Super favorito dei big, anche per il premio alla regia, è “Boyhood”, che racconta della crescita di due ragazzini. Richard Linklater ha aspettato dodici anni per poter concludere il film seguendo la reale crescita degli attori. L’intensità del film cresce con loro, il che lo rende davvero interessante da vedere, purtroppo solo in home video, perché dallo scorso novembre non è più nelle nostre sale. Stesso dicasi per “The Grand Budapest Hotel” l’ultima visione di Wes Anderson, sugli schermi italiani la scorsa primavera, che gareggia per ben nove riconoscimenti. Lo stesso numero di nomination (ma lontano dai record storici della gara) spetta poi a “Birdman”, nei nostri cinema dal 6 febbraio. La trama verte su un attore, che interpretava un famoso supereroe, alle prese con il tentativo di riafferrare i fili della sua vita con una commedia a Broadway. Le uniche speranze di vittoria de “L’inaspettata virtù dell’ignoranza” – questo il sottotitolo – sembrano, stando alle quotazioni, essere riposte in Michael Keaton per il suo ruolo da protagonista. Il che sarebbe un peccato per Eddie Redmayne, straordinario interprete di Stephen Hawking in “La teoria del tutto” (uscito lo scorso 15 gennaio), che si è già conquistato un Golden Globe e che data la giovane età avrebbe di certo altre occasioni per dimostrarsi all’altezza di un Oscar. Noi, comunque, lo abbiamo conosciuto a Giffoni nel 2013 e non possiamo che augurargli grande fortuna.
Sebbene Selma (Ava DuVernay) sia assolutamente imprescindibile dal punto di vista storico, tanto per noi quanto per il pubblico di black people che oggi gode di diritti civili grazie anche a Martin Luther King, è Whiplash, di Damien Chazelle, tra i due film in Italia dal 12 febbraio a potersi attendere qualcosa di più dalle sue candidature. Evidentemente, il “patriottismo” – leggi “autocelebrazione” – americano tipico degli Oscar si è tutto concentrato nelle mani di Clint Eastwood, che ha diretto Bradley Cooper in “American Sniper” (6 nomination in tutto). Per ultimo veniamo a “The Imitation Game”, incentrato sulla figura di Alan Turing: Benedict Cumberbatch, apprezzatissimo dal popolo di Internet, farà la stessa fine dell’altro beniamino del web Di Caprio, eterno sconfitto? Lo scopriremo soltanto nella notte del 22 febbraio prossimo, al Dolby Theatre della “città degli angeli”, con Neil Patrick Harris (da noi noto per il personaggio di Barney Stinson nella serie tv How I Met Your Mother) a fare da mattatore. Quella del quarantunenne attore, doppiatornph_oscars_15e, illusionista e chi-più-ne-ha… [in foto] è la sfida forse più difficile da affrontare, data la grandissima riuscita di Ellen DeGeneres nella scorsa edizione; Harris, tuttavia, ha dalla sua una lunga esperienza di conduzione di cerimonie di premiazione di ogni tipo (oltre ad aver partecipato come vincitore) e si può star certi che non deluderà (tranne gli omofobi, forse, ma loro dovrebbero essere già delusi da tempo, specie dagli Oscar). Dunque scienza, musica, lotta al crimine, conoscenza e riscoperta di sé stessi, parodia e quasi critica del cinema all’interno del cinema stesso: c’è un po’ di tutto in questa summa del 2014 del grande schermo americano (e non solo). Neppure manca il dramma della malattia, al centro della memorabile interpretazione di Julianne Moore in Still Alice, per tutti favorita vincitrice tra le protagoniste. Più incerto il risultato per quanto riguarda la non-protagonista, per cui concorre anche l’instancabile Meryl Streep. Niente di nuovo, dunque, nell’87esima edizione dei premi più famosi del mondo… o forse sì? Non ci resta che scoprirlo fra qualche giorno a Los Angeles.

 

Chiara De Rosa