I silenzi di Lorenzo

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Parliamo di mafia.

Parliamo di omertà.

Parliamo di indifferenza.

Parliamo di silenzio.

Parliamo di tutto questo e quindi parliamo di cosa è successo la sera del 19 agosto 2013 a Bellizzi.

In questa data si è tenuta la proiezione del film breve “Il silenzio di Lorenzo”, esordio alla regia dell’attore  Nicola Acunzo; la pellicola narra la storia di Lorenzo Rago, sindaco di Battipaglia negli anni compresi tra il 1948 e il 53 e scomparso in circostanze tuttora ignote che però lasciano intuire la mano della camorra dietro. Una storia per molti aspetti simile a quella di Angelo Vassallo, sindaco di Pollica trovato ucciso il 5 settembre 2010, con il quale il film struttura un parallelismo, soprattutto nel dato sconcertante che entrambi i sindaci restano tuttora due vittime sulle quali non è stato ancora aperto nessun processo e dunque individuato nessun colpevole. Il silenzio nel quale è scomparso Lorenzo Rago è diventato poi il silenzio che ha coperto l’intera sua vicenda. E questa stessa onda lunga di omertà è calata (speriamo non ancora per molto) sulla verità dell’assassinio di Angelo Vassallo.

Come si può non invocare una riapertura delle indagini, un bisogno di luce su questi episodi? Il film di Acunzo, oltre a essere un gran bel lavoro cinematografico, è appunto una richiesta – un urlo – in tal senso: è la denuncia ad alta voce di delitti che non si limitano a colpire due vite ma feriscono nel profondo anche la giustizia. Sono delitti che feriscono a fondo quell’Italia più bella e nobile che abbiamo – e che dovremmo conoscere bene –, quella fatta dai Falcone e Borsellino, ma anche quella fatta dalle vittime di piazza Fontana, dalle vittime massacrate della scuola Diaz. Perché mafia non è solo malavita organizzata: mafia è silenzio che copre, nasconde, confonde, oblia.

La serata si è inoltre fregiata della presenza di Michele Placido, con il quale Acunzo ha lavorato ed è intervenuto come ospite nella serata. Il regista/attore ha omaggiato il suo “allievo”, il film nonché tutto il pubblico con la declamazione de “il silenzio” di Edgar Lee Masters, consegnando a tutti noi un momento a mio avviso davvero alto di poesia e di bravura attoriale. Ottimo inoltre tutto il lavoro del cast così come la notevole mano del direttore della fotografia, senza poi dimenticare gli sceneggiatori che hanno incastonato ad arte e raccontato con una delicatezza affascinante due storie così spietate.

Per una sera, dunque, il silenzio è stato spezzato, vinto dal fragore degli applausi che hanno coronato con il lauro dell’entusiasmo questo interessante progetto cinematografico, il cui valore è già stato consacrato dagli spettatori.

Ma per un silenzio rotto, un altro se ne è sostituito. E’ stato quello di una parte delle istituzioni locali che, per una serie di motivi – qualcuno valido, qualche altro un po’ meno – , non hanno a mio avviso saputo adeguatamente cogliere l’opportunità offerta da un evento del genere. Ma il discorso non è solamente cogliere opportunità, quanto piuttosto avere la cura e la dovuta obbligatoria attenzione verso la cultura. Attenzione che si sarebbe potuta avere anche semplicemente presentandosi e partecipando all’evento: sarebbe stato comunque un segnale apprezzabile dal comune che ha ospitato buona parte delle riprese del film e le cui location – le nostre zone storiche  – sono ora eternate nella celluloide di un opera che personalmente ritengo di grande valore artistico e sociale.

Ma c’è un altro silenzio che sovrasta questa faccenda, e che ricorderò per sempre. Un silenzio avvolgente, caldo, potente; più comunicativo di quanto sembri. Quasi sacro. E’ il silenzio del pubblico che assisteva rapito alla proiezione. Immobile. Ammutolito. Dimentico di sé e del quotidiano. Catapultato con il cervello e con il cuore nel 1953, come se non ci fosse cosa più importante che ascoltare quella vicenda, viverla, sentire sulla pelle il bruciore di crimini irrisolti, di verità non dette, di lacrime non ancora asciugate.

Un pubblico attento. Più attento di certe istituzioni.

Un pubblico pulito. Più pulito delle invidie che l’evento ha suscitato.

Un pubblico grato. Più grato di quanti hanno usufruito di tutto ciò.

Un pubblico che in mezzo a una centrifuga di schiamazzi politici, di polemiche sociali e di invettive velenose ha donato al regista e all’opera tutta la sua attenzione e il suo silenzio. Ha premiato “il silenzio” con il silenzio.

Danilo D’Acunto