Il “Ka” è una ruota

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Caratteristica principale della Fortuna (sia essa intesa come Fato o come portatrice di benessere) è quella di mutare, immersa in un ciclico girare e non a caso il suo simbolo è la ruota. Prendete la decima carta dei tarocchi e la ritroverete là, immobilizzata nel continuo ruotare, la cui struttura è ispirata alla visione descritta nel libro di Ezechiele, circondata da animali mostruosi che sono in genere una sfinge, una scimmia e un cane (anche se a volte quest’ultimo viene sostituito da un diavolo). La ruota è variabilità, è caos programmato, ma è anche motore generatore, principio meccanico che dà origine al movimento delle cose e della vita; per questo motivo nelle raffigurazioni più antiche dei tarocchi la ruota presenta una manovella che denuncia questa natura. Collegato a questo concetto c’è un termine antico, carico di storia e cultura che ritorna più volte in civiltà diverse. Questo termine è il “Ka”, forse le due lettere più cariche di fascino di tutto l’alfabeto. Le ritroviamo nella cultura dell’antico Egitto (indicante, molto semplicisticamente, l’anima di una persona) e rispuntano in quella indiana (che identificano, tra le altre cose, un principio cosmogonico della religione). Chi volesse leggere qualcosa in merito, non ha che da recuperare “Ka” di Roberto Calasso (Adelphi, 1996, 26 euro). Ma non finisce qui; le due lettere infatti sono presenti anche nel campo scientifico e rappresentano la costante di dissociazione acida. E’ quasi un affascinante mistero quanto queste due semplici lettere possano tramutarsi e racchiudere in se stesse tanti significati e tanto simbolismo, ritornando più e più volte come, appunto, il giro di una ruota.

Ma su quest’ultimo concetto è doveroso nominare una delle più belle saghe delle letteratura contemporanea, e cioè quella della “Torre nera” di Stephen King, dove appunto il concetto del “Ka” è interpretato come il destino di ognuno dei personaggi della storia (e di tutti noi). Tutti i sette romanzi che costituiscono la saga (otto, se consideriamo lo spin off  edito quest’anno con il titolo italiano de “la leggenda del vento”) sono incentrati attorno a questa idea secondo la quale il Ka in qualche modo tende a legare le vite di tutti noi, non a caso la frase chiave che viene ripetuta più volte nel corso dell’opera è “il Ka è una ruota”.

C’è davvero da riflettere molto su questo dettaglio, soprattutto per la semplicità con cui l’autore ha ridotto ai minimi termini il grande discorso che i Greci e i Romani facevano a proposito del ruolo della Fortuna/Tyche (a tal proposito, si legga l’articolo a pag. XX) intesa come l’ineluttabilità del destino che però ritorna continuamente in forme più o meno simili. E del resto Lucrezio stesso, scrittore latino del I sec. a.C., riprendendo le parole del filosofo Epicuro (IV-III sec. a.C.) sentenziava “eadem semper sunt omnia”, vale a dire “tutte le cose sono sempre le stesse”, anticipando così la teoria della ciclicità storica che in seguito sarà postulata da Marx (1818-1883), il cui nome, Karl, per una meravigliosa coincidenza contiene il succitato Ka.