“Inviati” all’estero – Valencia calling

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Tutto cominció con la casella dei messaggi di posta elettronica piena. Una mail tra tante inutili pubblicità cambió il mio piano per i mesi successivi alla laurea: avevo vinto la borsa di studio “Leonardo da Vinci”. Destinazione: Valencia, Spagna. Quando una notizia del genere arriva, l’eccitazione è così forte da impedire a te stesso di capire realmente quello che ti sta accadendo. Per una venticinquenne appena laureata come me, quel messaggio aveva rappresentato la realizzazione di un percorso appena conclusosi, l’appagamento massimo: andare via dal mio paese e intraprendere un’avventura all’estero, stavolta di lavoro. Cos’è che ci attrae così tanto da spingerci a distaccarci dal nostro piccolo mondo per crearne uno differente? Bè…Senza dubbio la curiosità, la novità e la voglia di conoscere. Ormai siamo Europei per cultura, dice qualcuno. Siamo la generazione nata dalla rivoluzione Erasmus e, come tale, abbiamo un concetto di formazione che presuppone almeno un viaggio all’estero. Eh, già. Un viaggio. Cominci con un uno e forse scopri di non riuscire a smettere.

Ma iniziamo dal mio. Valencia. Una volta atterrata, ricordo in faccia il vento caldo di quell’estate torrida del 2009, gli sguardi interdetti dei miei compagni e la scritta “Bienvenidos al Aeropuerto de Manises”. Sentivo un leggero peso allo stomaco, di quelli con le “farfalle” e l’assoluta consapevolezza di essere stata catapultata in una dimensione parallela. Sembra assurdo definirla in questo modo, ma è esattamente quello che rappresenta un’esperienza del genere: ritrovarsi a fare i conti con un posto che non conoscevi prima e che improvisamente sarà casa tua per cinque mesi, o forse più. L’aspettativa iniziale, infatti, è sempre quella di non sapere se tornearai. Magari ti piace così tanto la città che non avrai voglia di “ritornare indietro”; o apprezzeranno così tanto il tuo lavoro, che ti proporranno di restare. Difficile, ma non impossibile. Nel mio caso si trattava di una ONG, per la quale avrei svolto un lavoro di sensibilizzazione, nonchè di appoggio scolastico per dei ragazzini di una scuola elementare con problemi di integrazione sociale. Meravigliosa esperienza: gratificante e, aggiungerei, fortificante. Due aggettivi che si sposano perfettamente con quel tipo di attività. Non lavoravo tante ore al giorno, ma lavoravo duro, soprattutto perchè avevo a che fare con dei bambini ai quali stavano strappando via l’infanzia. Ho acquisito metodo e volontà, mi sono formata così tanto da riuscire a capire finalmente cosa volessi fare nella mia vita: volevo insegnare. Il mio tirocinio a Valencia mi ha aiutato ad aprire una porta che tenevo ancora socchiusa e non sapevo bene cosa nascondesse. L’impatto con il mondo dell’educazione è stato quasi casuale ma deleterio: insegnare mi insegnava. E così, ho continuato per questa strada. Dal punto di vista professionale, sono stata molto fortunata. Da quello culturale ancora di più. Avere a che fare con una città straniera ti porta inevitabilmente a fare continui paragoni: qui si vive meglio rispetto al posto da cui vengo. Un classico, ma non obsoleto. Valencia, ad esempio, è una città di mare dal profumo di arance; si respira un’aria vivace, dove il moderno e l’antico si incontrano senza scioccare, a detta di molti e anche di me. Verdi parchi si snodano lungo il letto prosciugato di un fiume ormai inesistente, se non in alcuni punti. Vecchie tradizioni sono le protagoniste indiscusse in una città che, contemporaneamente, è cresciuta negli ultimi anni grazie ad eventi di importanza mondiale. Insomma, difficile criticarle qualcosa e, ancor più complicato, separarsene. Il contatto con l’esotico dà sempre una sensazione di libertà dal vecchio: sarà il fascino per il nuovo a darci tutta questa spontaneità che spesso dimostriamo quando ci troviamo ad affrontare esperienze del genere?

Fare i conti con se stessi in territorio sconosciuto pesa, ma spesso dà più soddisfazione quando a cavartela sei tu e soltanto tu: e quando scoprirai che il burro non si spalma sul pane, ma raglia allora bè…Ti sentirai in grado di dominare la Torre di Babele. Sei padrone della novità. E così mi sono sentita anche io. La Spagna…Una terra calda, solare, accogliente. Niente da discutere. Personalmente, nonostante viva qui ormai da due anni, anche Valencia è diventata il quotidiano e, in quanto tale, ti fa accorgere di cose che prima erano solo il contorno sfumato di un’immagine idilliaca. Problemi e questioni di sempre. I posti di sempre. I tempi di sempre. E quando il sempre comincia a diventare una costante, torni indietro, ai tuoi sapori, ai tuoi luoghi, ai tuoi volti d’origine, anche solo per una visita. C’è un momento nella vita in cui ritorni ad aver bisogno di quello che avevi quando eri più piccolo. Ed è per quello che credo assolutamente che esperienze del genere non debbano andar perdute, ma godute al momento giusto.

Quale sia il momento? Non ne sono sicura, ma so per certo che difficilmente si smette di essere quello che si era…Più semplicemente si guadagnano momenti indimenticabili e porzioni di paella da aggiungere immancabilmente al tuo CV.

Serena Russo