Le notizie che ci giungono dal Tibet sono soltanto degli echi di ciò che sta davvero succedendo in quell’area. Oscurate da elezioni, dimissioni e altre ciarlatanerie di cui ne sono pieni i nostri TG, le questioni riguardanti il Tibet difficilmente appaiono in TV. Un’intera civiltà sta pian piano scomparendo e il mondo è impotente dinanzi a una catastrofe culturale e umana del genere, il motivo più ovvio è questo: poiché l’area di cultura tibetana dagli anni ’50 fa parte della Cina, sembra “logico” alla politica di mercato che domina il mondo, non intervenire a difesa dei tibetani per non scatenare le ire dei cinesi ormai padroni dell’economia globale. Dunque resta ai soli tibetani il compito di ribellarsi e riottenere la loro indipendenza (fig. 1).
Purtroppo, se si ragiona in termini concreti, o per fortuna, se i termini sono ideali, il popolo tibetano è completamente pacifista e quindi non adotta le armi. Ma se le forze mondiali non intervengono perché non riuscirebbero a contrastare un’enorme potenza come la Cina, come potrebbero ribellarsi i tibetani senza l’uso delle armi? Alla domanda una risposta non c’è; alcuni di loro (se ne contano un centinaio dal 2009 a oggi) protestano contro la politica cinese, mirata a sopprimere ogni stralcio di cultura autoctona, dandosi fuoco, nonostante il Dalai Lama Tenzin Gyatso (fig. 2) inviti a non farlo.
Ma cosa c’è dietro questa irrefrenabile volontà di indipendenza, così importante da spingere qualche monaco a sacrificarsi per il loro popolo? C’è la semplicità di un gruppo di persone che si sente unito, gente che condivide la stessa religione (il buddhismo, seppur con molteplici scuole di pensiero), gli stessi costumi, le stesse tradizioni e che in passato ha perfino avuto un ruolo interessante nella storia dell’Oriente inserendosi nello scacchiere insieme a Mongoli, Cinesi, ecc.
Dalle recenti immolazioni ho deciso di scrivere una serie di articoli, ripartiti in più numeri, riguardanti la civiltà, la storia e le religioni tibetane dalle origini ai nostri giorni. Lo scopo è quello di cercare di sensibilizzarvi e di farvi conoscere un mondo così lontano da quello a cui siamo abituati a vedere, ma così vicino al nostro cuore perché fa della convivenza pacifica di tutti gli esseri e della compassione che ne deriva la sua principale forza.
Vi invito perciò a “dire la vostra” sulla condizione delle genti tibetane man mano che gli articoli saranno pubblicati.
Fausto Mauro