Live from the “auld reekie”

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Edimburgo non sarà una delle mete più comuni tra gli “expats”, ma nel mio caso era la scelta più sensata. Dopo un anno a Bologna, avendo lavorato al 190 della Vodafone, ero riuscito a metter via qualcosa da parte. Potevo quindi investire in quello che era il mio cruccio da sempre: un periodo in UK per perfezionare il mio inglese, da laureato in lingue era quanto meno obbligatorio. Adoravo Bologna, una città fantastica, vivace e ben organizzata, ma dopo la fine del mio contratto a tempo determinato e sconcertanti visite alle agenzie di lavoro, era chiaro che non avrei trovato un lavoro nel breve: era il 2009 e le avvisaglie della crisi c’erano tutte. Cercavo una città simile, dalle dimensioni a misura d’uomo, ma con tutte le comodità di un centro importante, volevo scappare dalle estati torride italiane e provare a riprendere la mia carriera nel settore alberghiero, bruscamente interrotta dalla mia esperienza alla “cara” Vodafone. Tutti gli elementi puntavano a una sola destinazione: Edimburgo.
Edimburgo è il secondo centro turistico del Regno Unito dopo Londra. Capitale della Scozia, sede del secondo Palazzo Reale della Regina (Holyrood Palace) ed è anche il quarto polo finanziario d’Europa.
Appena arrivato fui subito colpito dalla sua bellezza, molti troveranno ostico il suo clima estremamente variabile, ma secondo me ha senso in quanto parte del suo carattere. La vista da North Bridge con Arthur’s Seat, Calton Hill da un lato e il castello dall’altra, è una delle viste più spettacolari al mondo ed è bellissima con qualsiasi clima. Il mio obiettivo iniziale era quello di trovare un lavoro qualsiasi e passare sei mesi, per poi decidere cosa fare. Non riuscii a trovare nulla nel settore alberghiero, ma trovai un posto in un call centre (ebbene sì), in cui facevo da supporto alla clientela italiana e inglese. Per me fu una sorpresa, ero lì per perfezionare l’inglese, ma in effetti avevo un livello sufficiente per lavorare in un call centre. Non fu facile, ma di sicuro fu un aiuto fondamentale per “sciogliermi” in fretta. Non era certo il lavoro dei sogni, ma avevo raggiunto il mio obiettivo e alla fine del contratto determinato era ora di scegliere se restare o tornare indietro. Decisi di restare, trovai un altro lavoro, fortunatamente migliore del precedente, e da lì ormai è storia recente: inizio 2012 conquisto il mio primo contratto a tempo indeterminato e le probabilità che la mia permanenza qui abbia una durata simile sono in salita.
Essere Italiano in UK è stato un vantaggio: tutti i lavori che ho ottenuto avevano come requisito o punto preferenziale la conoscenza di una lingua europea oltre all’inglese. Qui operano molte multinazionali che hanno sede anche in Italia e questo mi ha anche aiutato a riconsiderare la posizione che avevo nei confronti della mia Patria. Se all’inizio avevo un atteggiamento alquanto ribelle e critico, adesso, anche per ragioni lavorative, posso capire e meglio apprezzare l’importanza sul piano internazionale del nostro Paese. A ogni modo, uno dei motivi che mi fa restare qui, oltre al clima (so che può suonare bizzarro, ma il caldo lo apprezzo solo se in vacanza al mare), è il fatto che lo UK, nonostante i tempi, offra ancora possibilità molto più accessibili rispetto all’Italia. Posso affermare con certezza che se lavori sodo e hai le carte in regola, puoi ottenere quello che vuoi. Siamo chiari, nulla ti verrà regalato, ma se vali, potrai farti valere.
Sono anche profondamente innamorato di questa città, che sento sempre più casa mia. Ancora oggi scopro scorci che non avevo notato prima o che non avevo avuto occasione di apprezzare. Ci sono aspetti negativi rispetto all’Italia, uno su tutti il cibo, che comunque non disdegno, ma per noi napoletani quello sarà sempre un richiamo troppo forte, a cui mai potremo rinunciare. Però, se guardo al mio dram di whisky, magari un bel Laphroaig, o a una pinta di India Pale Ale, come la Deuchars… beh tutto sommato, non ho di che lamentarmi. Slàinte mhath!

di Michele Gallo