Guerre, stermini, decapitazioni, sono queste le istantanee che ci giungono dal Medio Oriente in questi ultimi mesi. Immagini che ritraggono la realtà ma che per questo motivo non devono indurre noi occidentali a nutrire odio verso i musulmani tutti. Come spesso accade, l’uomo tende a generalizzare adottando così comportamenti sbagliati, conseguenza di posizioni affrettate e poco ragionate. Noi italiani, in particolar modo, stiamo dimenticando – o lo abbiamo già fatto – cosa significa la parola “tolleranza” eppure Indro Montanelli scrisse: “Siamo tolleranti e civili, noi italiani, nei confronti di tutti i diversi. Neri, rossi, gialli. Specie quando si trovano lontano, a distanza telescopica da noi”. Evidentemente i tempi sono cambiati e con questi anche il disprezzo nei confronti di chi è diverso, sia esso musulmano, nero, rom, gay o altro. È bene tenere a mente che ognuno è persona e in quanto tale deve godere di uguali diritti e doveri. Quest’introduzione si è resa necessaria per affrontare il prossimo argomento con lo spirito giusto, senza alcun tipo di pregiudizio. Solo così è possibile avvicinarsi a una cultura diversa dalla nostra, apprezzandone ogni singolo aspetto.
La cultura islamica ha dato un enorme contributo allo sviluppo del genere umano, ma dove, quando e soprattutto come ha avuto inizio?
Tutto cominciò con Muḥammad (fig.1), italianizzato in Maometto (mi perdoneranno i musulmani se non userò alcun tipo di eulogia come “gloria e benedizioni su di lui”). Nacque nel 570 d.C. a La Mecca (nell’attuale Arabia Saudita), divenne orfano all’età di sei anni e venne preso in custodia dallo zio, Abu Talib, con cui continuò l’attività di famiglia, il commercio. Nel 595 ca. sposò una ricca vedova, Khadigia e fin quando lei rimase in vita non sposò altra donna. Durante i suoi viaggi, Maometto rimase particolarmente colpito dalle pratiche ascetiche di alcuni monaci cristiani e ogniqualvolta rientrava a casa, era solito isolarsi per lunghi periodi in caverne o luoghi solitari per dedicarsi alla meditazione. In uno di questi ritiri, il Profeta ebbe una visione. Un angelo si rivelò a lui tenendo un libro tra le mani e gli disse: “Leggi! In nome del tuo Signore che ha creato, ha creato l’uomo da un grumo di sangue. Leggi! Perché il tuo Signore è il Generosissimo. Colui che ha istruito l’uomo per mezzo del calamo e ha insegnato all’uomo ciò che non sapeva”, Sura (=capitolo) 96: 1-5 del Corano (fig.2). Era l’Arcangelo Gabriele che gli appariva per la prima volta.
Di lì a poco altre visioni celesti dell’Arcangelo condussero Maometto, sotto dettatura, a scrivere le parole da diffondere al resto del mondo, parole di pace e compassione ma anche parole dure, rivolte contro i non credenti, intesi come i pagani quindi non contro gli altri monoteisti (cristiani ed ebrei). Per i primi anni, Maometto non parlò alla gente delle rivelazioni dell’Arcangelo se non a Khadigia e agli amici più vicini. Fu proprio la sua prima moglie ad avere un ruolo fondamentale durante questo periodo, confortando e assistendo il Profeta anche quando questo mostrava qualche segno di debolezza. A queste visioni ne seguirono altre e Maometto provvide a scrivere tutto ciò che gli veniva detto dall’Arcangelo, il quale parlava per bocca di Dio, cioè Allah. Per un periodo però il Profeta non ebbe più rivelazioni e fu all’improvviso che un nuovo messaggio gli fu comunicato, l’Arcangelo Gabriele non lo aveva abbandonato, anzi. Nel 612 ca. durante una visione a Maometto gli fu ordinato di diffondere a tutti le parole di Allah.
Ma di questo e del contenuto del Corano ne parleremo nel prossimo numero.
Fausto Mauro