La Gestione Integrata delle Zone Costiere (GIZC) e il problema dell’erosione in Campania

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Nell'immagine si nota l'erosione costiera (di 22,6m in soli 10 anni) in località Lago, Battipaglia (SA)

 

Nell’immagine, l’erosione costiera (di 22,6m in soli 10 anni) in località Lago, Battipaglia (SA)

La gestione integrata delle zone costiere è quel processo dinamico e continuo atto a realizzare condizioni di equilibrio tra crescita economica, utilizzo antropico delle risorse e tutela ambientale degli ecosistemi marini. L’integrazione tra ambienti terrestri e marini è il principio fondamentale di questo processo secondo un nuovo modello di assetto territoriale dal carattere olistico, con un approccio globale che va dalla linea di costa verso i territori interni continentali attraverso i bacini imbriferi e il corrispondente rilascio e conseguente trasporto solido fluviale.

Lo sviluppo antropico lungo i territori costieri ha origini antichissime che risalgono addirittura all’Età del Bronzo (dal 3000 a.C.). Il rapporto uomo-mare è stato da sempre motivo di interessi, spesso conflittuali; oggi la proliferazione antropica ha causato il superamento delle capacità naturali di assorbimento e di diluizione. La problematica della dinamica costiera (arretramento, stabilità, avanzamento) assume sempre più maggior importanza proprio perché lungo le coste si concentrano beni, strutture e infrastrutture. I cambiamenti avvenuti in questo territorio negli ultimi anni sono molto rilevanti, tuttavia manca una politica, sia nazionale che regionale, di valorizzazione e tutela: l’ultimo intervento risale al lontano 1985 quando, con la “Legge Galasso”, si fissò un vincolo di 300 metri dalla linea di costa, non di inedificabilità assoluta bensì di “rimando” a un parere paesaggistico e alla redazione di Piani Regionali. Quasi superfluo dire che solo pochissime regioni (le solite?!) si sono mosse definendo un’efficace strategia e considerando gli aspetti naturali, come gli interventi sui corsi d’acqua che migliorano il trasporto solido (la principale fonte di approvvigionamento di sabbie per gli arenili costieri), l’adozione di fasce dunali (con la relativa copertura di vegetazione di psammofila). Eppure tale problematica costituisce un tema prioritario in ambito comunitario: come si evince dal progetto “Eurosion”, ci sono raccomandazioni connesse alle attuali procedure di VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) e VAS (Valutazione Ambientale Strategica) che non si reputano ottemperate dal “grande progetto” di 70 milioni di euro sugli “interventi di difesa e ripascimento del litorale del Golfo di Salerno”. La Grande Opera prevedrebbe una quarantina di pennelli e barriere soffolte (che da anni sono ritenuti dalla stessa UE che cofinanzia il progetto, inadeguati, sia in termini di efficacia che di impatto ambientale ed economico) che andrebbero a coprire il tratto di costa che va da Salerno ad Agropoli. “In questo momento – dichiara il Presidente di Legambiente Campania, Michele Buonomo – più che mai non possiamo permetterci di sprecare 70 milioni di euro disponibili danneggiando le attività esercenti. Ci auspichiamo che il progetto possa essere corretto e a tal fine avvieremo una interlocuzione a pieno campo, con Comuni, Provincia, Regione, Ministero dell’Ambiente e Commissione Europea”.

Le “soluzioni rigide”, come sono chiamati i pennelli ad esempio, rappresentano una scorciatoia alla vera soluzione del problema che non può prescindere da una gestione integrata che consideri la linea di costa come linea di equilibrio tra i territori continentali (e il loro trasporto solido fluviale) e il mare. Privilegiare soluzioni alternative, che facciano ricorso a tecniche di ripascimento, compatibili sul piano locale, è l’auspicio che possiamo farci.

Armando Falcone