Passione

0
2211

Credetemi chi non ha mai avuto modo di abitare a Napoli, di viverla, non potrà mai comprenderla ed apprezzarla.

Napoli è come fuori dal tempo e dallo spazio, un luogo dove si incontrano culture di ogni tipo, un ponte che collega tutto il bacino del mediterraneo. Napoli è tentacolare, caotica, un luogo che sa far coesistere due anime, una ritratta da Garrone in “Gomorra”, un inferno di corruzione e violenza; l’altra da “Passione”, che raffigura una brulicante, malconcia metropoli, pittoresca e vivace ,che respira e vive, grazie alla sua passionalità e alla sua tradizione immortale.

Passione,film-documentario di John Turturro, è un affettuoso omaggio alla canzone napoletana come specchio del popolo partenopeo,una rappresentazione che riempie d’orgoglio chi ne vive giorno dopo giorno le complessità, e fa ricredere, chi la città non l’ha mai capita, o forse non ha mai voluto farlo.

Turturro rende i classici della musica napoletana in vere e proprie “sceneggiate”, con coreografie tra il patetico, il melodrammatico e il comico, così, “Comme facette mammeta” si trasforma in un balletto, “Malafemmina” rievoca l’origine della canzone, che Totò scrisse quando fu lasciato dalla moglie, attraverso i volti di due dei più grandi artisti della scena napoletana ed italiana, Massimo Ranieri e Lina Sastri; in “Caravan petrol” Fiorello e Turturro inscenano un esilarante balletto in stile arabo, con sfondo le solfatare di Pozzuoli. La portoghese Misia scava in profondità nella musica napoletana,ed esegue due canzoni d’amore strappa lacrime; “Indifferentemente”, “Avvelenami, non aspettare fino a domani,perchè se tu mi uccidi, io non ti dico nulla” dice al suo uomo. Il melodramma delle altre esibizioni,qui lascia il posto ad un’interpretazione scarna ed essenziale, così come la scenografia, la cantante, il chitarrista e da sfondo palazzo Riario Sforza, dimora dell’ultimo Vescovo della Napoli del Regno delle Due Sicilie; è la teatralità della musica e delle parole a farla da padrone.

Accompagnata dagli Avion Travel, Misia ci fa di nuovo dono della sua voce con “Era di maggio”,poesia di Salvatore Di Giacomo, poi musicata, anche qui,solo, si fa per dire, la piazzetta di Largo Banchi Nuovi,e una band che suona seduta su scomode sedie, ma rapita dall’aria, dalle parole, dalla passione.

La musica è espressiva, emozionale e vivace, sì, perché è arte che è anche lavoro,sacrificio,ancora passione. Così Turturro elogia lo spirito dei suoi protagonisti, anche per la disciplina e la tenacia che li rende degni di nota; ogni intervista ad un artista racconta di un mondo diverso ma tutti con una matrice comune, Napoli.

La voce di Mina si mischia con le nuove sonorità di Raiz & Almamegretta, le voci partenopee di Peppe Barra e Pino Daniele si sfumano con quelle orientali di M’Barka Ben Taleb, creando un incantevole cocktails di rivoluzione e tradizione.

Stupenda l’intervista biografica a James Senese, il cui padre era un soldato afro-americano,che testimonia allo stesso tempo la tolleranza e la crudeltà della sua città natale, delle vicine che lo chiamavano Jamesiell, e dei bambini che “appena tu ti bisticciavi, la prima parola che si diceva era niro”

Splendore e miseria, ricchezza e povertà, magnificenza e meschinità, eleganza e mestizia, cultura ed ignoranza,è questo quello che esce fuori dagli occhi di Turturro, e questa è Napoli, che senza tale spaventosocontrasto sarebbe una città comune; Erri De Luca dice “Napoli è un luogo narrativo, leggendario e singolare, musicale, teatrale, criminale, insomma leggendario”, ed è questo che si coglie dal film.

Napule è di Pino Daniele chiude questo racconto e fa da sottofondo alle immagini dei cittadini,di quei volti che portano su di sé il peso e la gioia di vivere una città dalle mille sfaccettature,volti stanchi e sorridenti, sintomo di una città che non si arrende, ma che sorprende,sempre.

Elisabetta Rossomando